Digital mismatch: i posti di lavoro nell’ICT ci sono, ma c’è bisogno di più competenze

lunedì 16 Luglio, 2018
Paolo Sassone

Da una ricerca condotta da InTribe è emersa una progressiva crescita del digital mismatch in Italia. Tale fenomeno vede la domanda di nuovi professionisti dell’Information Communication Technology in crescita e, allo stesso tempo, l’impossibilità, da parte delle aziende, di trovare figure sufficientemente qualificate per colmare questa domanda. La richiesta di competenze digitali infatti non trova riscontro nella reale formazione dei laureati che ogni anno escono dalle Università italiane: entro il 2020 in Italia 135.000 posti nel settore ICT rimarranno scoperti.

L’Italia, all’interno dello scenario europeo, sarà uno dei paesi più in difficoltà per quanto riguarda le competenze ICT, in cui il gap tra domanda e offerta passerà dal 9% del 2015 al 18% nel 2020.

Emerge quindi una reale e tempestiva esigenza di allineare l’offerta formativa alla domanda di competenze digitali e quindi di stare al passo con le più recenti trasformazioni tecnologiche. È significativo notare che nel 2016 ci sono state solo poche centinaia di laureati in ingegneria: infatti non bisogna lasciarsi ingannare dall’apparente aumento dell’11% delle immatricolazioni in quel settore nell’anno 2016-2017. Tale dato va appunto contestualizzato e rapportato all’ancora troppo alto tasso di abbandono (intorno al 60%).

Come si è visto, sebbene i laureati nel settore siano relativamente pochi, la richiesta di professionisti ICT cresce mediamente ogni anno del 26% e arriva a raggiungere il 90% per quelle nuove figure professionali che necessitano di competenze specifiche e che si occupano di big data, data mining e di business analysis. Altri ambiti le cui competenze sono e saranno molto richieste nei prossimi anni riguardano cyber security, IoT, cloud computing, service development e intelligenza artificiale.

Poste queste premesse, sarà necessario ripartire dalla formazione per arginare il più in fretta possibile il digital mismatch. Oltre al rinnovamento auspicato all’interno delle Università, occorre innanzitutto che le aziende investano nella formazione per creare loro stesse le figure professionali di cui il mercato ha bisogno, fornendo allo stesso tempo competenze e tecnologie digitali su misura per i processi specifici di ciascuna azienda.

Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è l’obsolescenza delle competenze, legata inevitabilmente a quella delle nuove tecnologie, che quindi vede la necessità di un continuo aggiornamento. Emerge quindi l’idea di una formazione non definitiva, ma dinamica: una continua evoluzione che vede competenze di settore affiancate alle sempre più richieste soft skills come capacità comunicativa, creatività, problem solving ecc.

HSPI, come società di consulenza, si impegna da sempre nel fornire le competenze adeguate per andare incontro alle esigenze sempre in evoluzione del mercato e delle nuove tecnologie ICT. In particolare HSPI offre servizi di Process Mining per andare incontro all’esigenza di comprendere i nuovi processi di business, analizzarli e migliorarne le performance in collaborazione con le principali Business School e Università italiane.

HSPI promuove il dialogo tra università e impresa e si impegna a creare oggi quelle competenze che colmino la richiesta reale del mercato.